Francesco II sulla via dei santi, vero devoto dell’Immacolata

(di Don Massimo Cuofano)

 

Siamo alla fine di questo mese di ottobre, un mese da sempre dedicato alla Vergine del Santo Rosario che la tradizione invoca come Regina delle Vittorie, da quando il santo Papa domenicano San Pio V, per ringraziarla della sua potente intercessione -che portò le milizie cristiane di Lepanto a vincere sulle pretese ottomane che con violenza e forza volevano predominare sull'Europa e abbattere la fede cristiana, volle tributarle questo titolo. Da sempre questa preghiera speciale, il Santo Rosario,è diventata fondamentale per la devozione del popolo perchè è la preghiera che ci unisce intimamente a Dio, ci fa vincere le seduzioni e le barbarie del male, e ci fa ritrovare la via del bene. Tutti i santi hanno sempre avuto una particolare predilezione per questa preghiera così cara alla Vergine Madre e al Signore. Diceva il Beato Bartolo Longo, figlio della nostra terra pugliese e apostolo del Rosario, che chiunque recita questa preghiera non si smarrirà mai, e riceverà da Dio ogni grazia. Ecco perché nella sua supplica alla Vergine di Pompei, egli con amore e profonda devozione dice: “O Rosario benedetto di Maria, catena dolce che ci rannodi a Dio, vincolo di amore che ci unisci agli angeli, torre di salvezza negli assalti dell’inferno; porto sicuro nel comune naufragio, noi non ti lasceremo mai più”.

  

 

A Lei, stella luminosa del nostro cammino, come la invoca il santo monaco Bernardo, nei momenti di grande sconforto e pericolo, tutti volgono il proprio sguardo; e da Lei si riceve conforto, fortezza, coraggio, benedizioni, aiuto.

Francesco II di Borbone, cresciuto alla scuola spirituale di santi sacerdoti, apostoli della Vergine Immacolata, come San Ludovico da Casoria, il Venerabile don Placido Baccher, San Gaetano Errico; portando nel proprio cuore, nella mente, nella sua vita cristiana, l’eroica memoria della sua santa mamma, la Beata Maria Cristina, consacrata fin da piccola alla Vergine Maria; certamente anch’egli arricchito nella vita spirituale dalla testimonianza di Sant’Alfonso, missionario mariano al quale l’intero regno era assai devoto, e abbeverato senz’altro come tanti alle “glorie di Maria”, bellissimo testo dedicato alla Vergine Immacolata proprio da Sant’Alfonso Maria De Liguori; e certamente sin da piccolo lui pure consacrato all’Immacolata Concezione, dolce patrona del Regno delle Due Sicilie, e assimilata dalla tradizione di famiglia questa devozione, certamente è stato un grande devoto e innamorato dell’Immacolata.

Cosa chiedeva alla Vergine in quei momenti di grande intimità? Egli certamente metteva ai piedi di Maria la sua vita, perché proprio lui, privato sin da piccolo della sua mamma, aveva trovato in Lei la buona guida verso la vita di santità. Anche la sua santa mamma, mentre portava in grembo questo suo figlio, aveva sempre pregato la Madonna, perché quel pargoletto nascesse sano e si facesse santo.

Poi pregava per i suoi cari, la sua famiglia di sangue, e ancor più per il suo popolo, la parte più pregiata e più cara della sua famiglia, come egli tante volte ebbe a dire.
E pregava per la sua Patria, il Regno delle Due Sicilie, per l’intera penisola italiana e per l’Europa sconvolta dalla rivoluzione e da cattivi presagi, perché vi potesse tornare pace e serenità, e soprattutto il trionfo della fede.
Poi la devozione a Maria e la preghiera dei santi misteri del Rosario, realizzavano in lui quella comunione così profonda con Dio, che tutta la sua esistenza si svolgeva nel mettere in pratica le virtù stesse di Maria, l’umiltà, la semplicità, la mitezza, la purezza, l’accoglienza, la carità, e seguire la buona via del Vangelo.

 

Quante volte insieme alla sua famiglia, egli si è fatto pellegrino ai diversi e bellissimi santuari mariani del Regno, a Napoli, a Montevergine, a Gaeta, a Capurso, e forse in tanti altri che non sappiamo. I suoi pellegrinaggi senz’altro non restavano semplicemente svago o apparente devozionismo, ma diventavano momenti di incontro con Colei che da sempre è “Termine fisso d’eterno consiglio”. In quegli incontri, proprio alla scuola di Maria, alimentava la sua grande fede.

 

Certamente egli è stato testimone quando il re suo padre, il grande Ferdinando II, chiese al Beato Pontefice Pio IX, dopo che l’ebbe ospite a Napoli e Gaeta, di portare a termine la proclamazione del dogma dell’Immacolata, proprio come dono grande a tutto il Regno delle Due Sicilie, che da sempre, sin da quando Carlo III fece innalzare in piazza del Gesù Nuovo la bellissima statua dell’Immacolata, l’aveva costituita propria patrona principale, e che proprio nel giorno solenne dell’Immacolata celebrava la propria festa nazionale. Quindi anch’egli gioì profondamente quel 1854, alla proclamazione del dogma, e insieme alla sua famiglia sarà stato presente senz’altro quando in Piazza di Spagna a Roma, nell’agosto del 1857, fu innalzata e benedetta da Pio IX quell’alta colonna sulla quale si innalza l’immagine dell’Immacolata, copia esatta di quella che è a Napoli, e dono di Ferdinando II e del Regno delle Due Sicilie alla città di Roma. Chissà quante volte nel suo esilio romano egli si è recato ai piedi di quella santa immagine, e tra tante tribolazioni ha trovato in Maria Immacolata la forza di non soccombere e tenere sempre viva la sua fede.

 

Egli senz’altro seguì con attenzione l’evento delle apparizioni della Vergine Immacolata a Lourdes, alla giovanissima Bernadette Soubirous, e nella sua permanenza in Francia, durante l’esilio, non mancò di recarsi pellegrino per ben due volte, insieme alle migliaia di pellegrini, in quel santuario, e inginocchiarsi ai piedi di quella grotta, dalla quale l’Immacolata aveva chiesto preghiera e penitenza perché tra le tristi conseguenze delle rivoluzioni moderne, che volevano strappare Dio dal cuore dell’uomo, potesse ancora trionfare la fede in Gesù Cristo.
Anch’egli si abbeverò a quella fonte santa scaturita a Lourdes, e certamente andò a bagnarsi alle piscine, rinnovando profondamente le promesse battesimali, e pregò per il trionfo della religione, promettendo di vivere sino alla fine della vita terrena, fedele alla fede della Chiesa. 

 

Lascia davvero a tutti noi, con la sua vita devota e attenta, un esempio da seguire e realizzare, perché sempre possiamo restare fedeli alla nostra fede cristiana, e testimoniare senza mai stancarci la nostra speranza in Dio, vivendo verso ciascuno quella carità profonda, che trova il suo fondamento in Gesù, il figlio della Vergine Maria. Mi piace pensare, con tutti voi, alle tante volte che il buon re si sarà soffermato a cantare il bel canto alfonsiano a Maria nostra Speranza, e volgendo il suo sguardo a lei, nei momenti di sofferenza e umiliazione, di sconforto e tribolazione, le avrà ripetuto: 

"O bella mia speranza, dolce amor mio Maria Tu sei la vita mia,la pace mia sei Tu. 

Se mai pensier funesto viene a turbar la mente, fugge allor che sente il nome Tuo chiamare.
Prendi il mio cuor, Maria, è Tuo non è più mio prendilo e dallo a Dio ch'io non lo voglio più.
Quando ti chiamo, o penso a Te Maria, mi sento tal gaudio e tal contento che mi rapisce il cuore.
In questo mar del mondo, Tu sei l'amica stella che può la navicella dell'alma mia salvare.
E se mi tocca in sorte finir la vita mia, chiamando Te Maria, mi tocca il cielo ancora".


E certamente, dopo l’amaro esilio subito ingiustamente, dove ha provato umiliazioni, povertà, amarezze e calunnie, senza mai perdere la pazienza e la fede, egli in quell’ultimo atto della sua vita, alzando lo sguardo alla sua mamma beata in cielo, e ancor più alla Mamma Immacolata, le avrà sussurrato con il cuore: "Rivolgimi il tuo sguardo, o Madre di pietà… dall'infelice esilio guidami al Ciel sereno, e mostrami il frutto del tuo seno, l’amato mio Gesù".