La Perfetta Letizia nella vita di Francesco II di Borbone

(di don Massimo Cuofano)

 

L’apostolo Giacomo così scrive nella sua lettera: "Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove, sapendo che la vostra fede, messa alla prova, produce pazienza. E la pazienza completi l’opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla".

Proprio su questa sintonia il Santo di Assisi aveva condotto la sua esistenza, trovando la vera gioia, e quindi la pienezza della pace, anche e soprattutto nelle prove difficili della vita.

Il nostro Re Francesco, che porta il nome di questo santo da tutti conosciuto ed amato, infatti fu battezzato con il nome di Francesco d'Assisi Maria Leopoldo, sembra anche percorrerne il cammino, specialmente per quanto riguarda la perfetta letizia. Alcuni suoi biografi, ma specialmente Angelo Insogna che gli è stato vicino e che ha potuto essere testimone oculare della vicenda storica di questo sovrano, sottolinea questo aspetto, che rende ancora più visibile la santità di vita del deposto Re. Ma anche dal suo diario e dalle lettere scritte da lui, si può considerare questa fortezza d’animo di un uomo, che seppure provato e sofferente, mantiene una serenità e una lucidità straordinaria. La sua è stata una fede autentica, nessuna difficoltà lo ha mai fatto crollare. 

Francesco II è realmente l’uomo paziente. Nel testo greco del Nuovo Testamento il termine paziente è espresso proprio per colui che “resta sotto”, pronto a resistere con fermezza alle avversità della vita. Per l'Antico Testamento il paziente è colui che sa attendere e sperare contro ogni speranza. Anche nel momento cruciale, quando vedeva tutto crollare, e nessuna speranza poteva intravedersi per la vittoria, non ha perso la sua fiducia. Egli sapeva guardare più lontano di quel momento. Per questo è inaccettabile pensare di lui come ad una persona debole, indecisa, instabile. Per la Bibbia l’instabile è la persona doppia, colui che non tiene fede alla sua parola e ai suoi impegni. Questi infatti non riesce a “stare sotto”, cioè a saper leggere gli eventi con serenità, è uno che si ribella a Dio, anzi vuole mettersi al posto di Dio.

Francesco di Borbone invece, pur lottando per difendere la giustizia e l’onore del suo popolo, perché disprezzava l’infamia e l’ingiustizia, ha saputo sempre leggere gli eventi con l’occhio della fede. Seppure vinto, deposto, impoverito, calunniato, perseguitato, non si lasciò sopraffare dallo sconforto e dalla disperazione.  La sua aspirazione, anzi, è stata quella di consolare il suo popolo con parole di tenacia, e allo stesso tempo di speranza. Tutto crollava, ogni certezza veniva meno, la speranza stessa di un avvenire migliore svaniva, ma Francesco II guardava lontano, a tempi migliori, più felici. "Traditi ugualmente, ugualmente spogliati, risorgeremo allo stesso tempo dalle nostre sventure; ché mai ha durato lungamente l’opera della iniquità, né sono eterne le usurpazioni".

 

La sua speranza, più forte dei bastioni di Gaeta, ha saputo resistere anche di fronte alla morte di ogni speranza, anzi è diventata voce di speranza anche dopo la sua stessa morte fisica.

Certamente si fa forte in lui la parola dell’apostolo Paolo: "Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?". È proprio questa la sfida della santità. Seppure il mondo intero sembra essergli contro, seppure il tradimento e la cospirazione si annidano nel suo stesso seno, seppure la calunnia e la persecuzione ne infamano il nome, seppure la derisione e gli insulti lo offendono ingiustamente, egli ha posto la sua fiducia in Dio, nella Divina Provvidenza, facendo sue le parole del salmista: <<Il mio aiuto viene dal Signore>>.(Salmo 120)

Proprio alla Provvidenza egli affida la sua causa e la causa del popolo, per il quale spera la prosperità e la felicità. Per quest’aspirazione, e per non vedere altro sangue versato, egli sa farsi da parte e accetta le prove, certo che Dio avrebbe fatto giustizia e avrebbe riportata la salvezza alla sua Patria. Per lui questo tempo della prova è “kairos”, cioè un tempo di salvezza.

"Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Proprio come sta scritto: Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo trattati come pecore da macello. Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati". (Rom 8)

Francesco II ha saputo vedere questa vittoria, che va al di là dei progetti dell’uomo. "Preghiamo il sommo Iddio e la invitta Immacolata protettrice speciale del nostro paese, onde si degnino sostenere la nostra causa".  E proprio nella preghiera e nella serenità egli ha vissuto il tempo dell’esilio e della sofferenza. 


A causa di una esistenza stentata e sacrificata, a volte soccorsa dalla carità di altre persone, ma sempre vissuta con serenità e pazienza, nella perfetta letizia, non gli mancarono anche patimenti fisici, specialmente a causa di una grave forma di diabete provenuta proprio per i dispiaceri e le difficoltà materiali. Fu provato negli affetti, per la perdita di persone care, ma in particolare per la morte prematura dell’unica figlioletta nata dal suo felice matrimonio con l’augusta e buona Regina Maria Sofia. Fu provato dai tradimenti e dalle offese ricevute persino da chi egli aveva beneficato. E sempre ebbe parole di comprensione e perdono per tutti. Il Sommo Pontefice, il Beato Pio IX, lo chiamava “novello Giobbe”. Proprio perché dinanzi a tutte le prove della vita seppe restare nella serenità. Seppure il suo corpo e il suo viso manifestavano i segni della sofferenza, seppe essere paziente e mantenersi nella letizia cristiana, accompagnato da una fede incrollabile. 

Lo stesso Angelo Insogna nel suo libro, forse conoscendo il pensiero di Pio IX, lo chiama “novello Giobbe”, e vede queste prove come un privilegiato disegno di Dio per questo santo Re, perché nella sofferenza potesse trovare la perfezione. Ne ammira la pazienza e addita la costanza di Francesco II, pronto a “ benedire quelli che lo colpivano e a trovare consolazione solo nella preghiera e nella rassegnazione”. 


"E la pazienza completi l’opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla".(Gc 1). Il completamento dell’opera di Dio nel cristiano è la santità. In Francesco II realmente quest’opera è stata perfetta e completa, ed egli è veramente un modello di vita cristiana e di santità.