Un cristiano coerente

(di don Massimo Cuofano)

 

Continuando a riflettere sulla vita di Francesco II di Borbone, ultimo Re del Regno delle Due Sicilie, dobbiamo soffermarci su tre caratteristiche che ne contraddistinguono l’esistenza.

La prima è la dignità.

Oggi assistiamo continuamente nella vita sociale e politica, ma tante volte anche religiosa, a capovolgimenti e a ritrattazioni sulla parola data.

Questo che succede oggi, trova già le radici in quel nuovo modo di pensare, che andava ad imporsi già nella società dell’ottocento, e che era opposto a quegli ideali che sostanzialmente fanno parte dell’indole e della formazione del giovane Re napoletano. Con tanta facilità si svende, per vile interesse o per il potere, questa importante caratteristica, che accompagna l’uomo dal suo nascere. Cosicché da una vita retta, onesta e consapevole, ci si lascia corrompere dal male e dall’ingiustizia, e in questo modo si perde anche quella libertà vera, che intrinsecamente è legata alla dignità.

Per questo Francesco II, con la sua esistenza di re cristiano umile e semplice, diventa esempio di grande dignità, per chi governa, ma anche per ogni semplice uomo o donna, che liberamente e dignitosamente sceglie di essere onesto e fedele alla sua parola.

Per Francesco II la dignità non consiste dal fatto di essere potente o ricco, di portare la corona e governare sugli uomini, dunque dalla condizione di avere grandi onori, ma piuttosto da una coscienza retta, consapevole di fare il proprio dovere e il bene, fedele alla propria promessa, a servizio della propria vocazione e dell’uomo.

Dinanzi alla scelta del compromesso, lui, che da sempre è stato formato al culto della verità e della giustizia,   non ha paura di mantenersi coerente nella sua fede cristiana, e non si lascia corrompere dalla ricchezza, dalle insidie del potere e dal tradimento dei suoi ideali. Piuttosto a questi preferisce la povertà, la vita semplice e la calunnia. Quelle promesse fatte il giorno del suo Battesimo, e che lui riconfermò nella Cresima, diventano per lui impegno concreto di vita. Come cristiano, e ancor più impegnato nella vita pubblica,   deve mettere in pratica la rinuncia al male e alla seduzione del potere, mantenendosi fedele a Dio, alla Chiesa e ai propri doveri di re cristiano.

Ecco perché dinanzi alla corruzione e ai tradimenti egli rimane incredulo e stupefatto; la sua coscienza limpida non può credere che uomini di onore, persino re e imperatori, possano lasciarsi corrompere per favorire personali interessi, calpestando persino la propria coscienza.

Mentre la nuova società costruita dai pretestuosi liberali si fondava sulle idee di Macchiavelli, dove i propri interessi valgono più che la vita morale, Francesco II rimane fermo nei principi di onestà e timore di Dio, consapevole che  “il buon Principe deve tendere al bene, tutto il bene che può”.

Per questo, seppure “i furbi” lo tacciano di debolezza, preferisce alle cospirazioni e alle ingiustizie, alla violenza e al sangue, salvaguardare il bene della sua gente e della sua terra, rischiando persino il suo trono e la sua vita. Un atteggiamento onesto e forte, che sceglie piuttosto che la propria personale convenienza, la dignità e l’onore.

 

Altra caratteristica importante nella vita di Re Francesco II è il silenzio.

La maggior parte delle volte la vita sociale e politica è fatta di “parole”. Un susseguirsi di inutili “chiacchiere”, che altro non fanno che ingannare la coscienza e il prossimo.

Questo sovrano lungimirante e buono non si lascia trascinare dalle parole, che a volte si contraddicono l’una con l’altra, ma si affida all’unica Parola necessaria, quella di Dio, e su di essa fonda la propria vita.

Quella “Parola” lui la fa propria nel silenzio e nella riflessione, non lasciandosi ingannare dalle vanità e dalle apparenze. Il comportamento di Francesco II è sempre indirizzato dalla vita di preghiera, continua e assidua, che alimenta in lui una coscienza retta. Quante ore silenziose dinanzi al tabernacolo.

I grandi ideali nascono da un cuore aperto alla verità, ed essa non si fonda sulle grandi discussioni, ma su quei principi eterni che nascono dall’Amore, quindi da Dio stesso. Ecco perché tantissime volte dinanzi al moltiplicarsi di “parole” che avvenivano nelle lunghissime riunioni di stato, egli preferisce tacere e riflettere, desideroso solamente del bene.

 

Quel silenzio e riservatezza, che è dettato dalla fiducia in Dio, ha continuato a mantenerlo sempre, fino alla morte, senza mormorazioni o giudizi temerari su alcuno, il silenzio del giusto,  come lo descrive la giornalista napoletana Matilde Serao: "Giammai principe sopportò le avversità della fortuna con la fermezza  silenziosa e la dignità di Francesco secondo. Colui che era stato o era parso debole sul trono, travolto dal destino, dalla ineluttabile fatalità, colui che era stato schernito come un incosciente, mentre egli subiva una catastrofe creata da mille cause incoscienti, questo povero re, questo povero giovane che non era stato felice un anno, ha lasciato che tutti i dolori umani penetrassero in lui, senza respingerli, senza lamentarsi; ed ha preso la via dell'esilio e vi è restato trentaquattro anni, senza che mai nulla si potesse dire contro di lui. Detronizzato, impoverito, restato senza patria, egli ha piegato la sua testa sotto la bufera, e la sua rassegnazione ha assunto un carattere di muto eroismo...”.

Da questo eroismo noi comprendiamo la terza caratteristica che ha contraddistinto la vita di Francesco II: il coraggio.

 

Nella società del rumore e della furbizia si crede coraggioso colui che è più violento, più aggressivo, più furbo. Invece l’uomo coraggioso è chi segue la via della, verità seppure é costretto alle persecuzioni e alla sofferenza. Questo è stato Francesco II di Borbone, il re cristiano capace di saper fare scelte controcorrenti, e seppure si trova a combattere la sua battaglia con avversari privi di coscienza e senza scrupoli, egli ha il coraggio di fare la scelta del bene.

Con coraggio ha denunziato l’ingiustizia della guerra, proclamando che la pace è il bene assoluto. Ha saputo leggere attentamente quello che stava avvenendo, coraggiosamente e profeticamente ha saputo vedere a cosa sarebbe  arrivata un’Italia ed una Europa, che avrebbe messo al centro della propria politica la pirateria e l’avversione alla giustizia, alla fede, alla Chiesa, all’uomo, annunciando i totalitarismi e le guerre del secolo successivo.

 

Il Re coraggioso, che sul Volturno ai suoi soldati pronti per la battaglia, egli incitava la bontà, la pietà e l’amore cristiano, perché, come egli stesso ebbe a dire quel 30 settembre del 1860, che «il coraggio e il valore degenerano in brutalità e ferocia quando non siano accompagnati dalla virtù e dal sentimento religioso».

Un uomo coraggioso, che anche dinanzi ai tradimenti, alle calunnie, alla maldicenza e agli inganni, ha saputo corrispondere con la carità e il perdono.

Dinanzi alla figura coerente e bella di Francesco II,  a quel silenzio che diventa messaggio, sembra risentire le parole coraggiose  del giovane alfiere sulle mura di Gaeta, nel romanzo l’Alfiere di Carlo Alianello.

 

E mi piace mettere sulle labbra di Re Francesco quelle parole. "la libertà ce l’ho qui nel cuore… perché ho scelto liberamente, da uomo. Non mi piace la libertà imposta con le baionette… preferisco restare da quest’altra parte, e mi piace perché oggi è la parte più bella. Altri combattono e muoiono per una conquista, una terra, un’idea di gloria, per un convincimento magari o un ideale, ma noi moriamo per una cosa di cuore: la bellezza. Qui non c’è vanità, non c’è successo, non c’è ambizione. Noi moriamo per essere uomini ancora. Uomini che la violenza e l’illusione non li piega e che servono la fedeltà, l’onore, la bandiera e la Monarchia, perché son padroni di sé e servitori di Dio".

 

Questa è la verità più vera, che Francesco II ha vissuto coerentemente, e dinanzi ad una società che cambiava e che si corrompeva, ha scelto di continuare ad essere libero, se stesso, fino in fondo.