Viviamo la Quaresima con Francesco II uomo che conosce il soffrire - 26 febbraio 2016
(di don Massimo Cuofano)
Come ho accennato nell’introdurre questo momento di preghiera, in questo tempo particolare ed importante della quaresima ho voluto proporre la preghiera antica e sempre viva dei dolori di santa Maria. La Madonna è stata davvero in tutta la sua esistenza compagna indissolubile del suo Divino Figlio, ma in maniera straordinaria e fedele proprio sulla via del Calvario, dove abbracciata alla stessa Croce del Figlio ha vissuto l’identica sofferenza. Ma ancor più, Maria, come ogni mamma, ha vissuto anticipatamente questi dolori, ancor prima di quel venerdì santo. Ha vissuto le ansie di ogni sposa preoccupata per il proprio marito senza lavoro e di ogni mamma preoccupata per il futuro dei propri figli. Ha provato l’esperienza della persecuzione, l’amarezza dell’esilio, lo sconforto di non avere un casa. Ha dovuto difendere la vita del figlio, del marito, e la sua, tante volte messe in pericolo dall’ingiustizia del potere e dalla corruzione dei grandi. Ha provato la sofferenza fisica, morale, spirituale, colpita amaramente in ogni sua situazione.
Ecco perché il passo biblico delle lamentazioni sembra proprio adatto a lei: “Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c'è un dolore simile al mio dolore, [….] Si sono consumati per le lacrime i miei occhi, le mie viscere sono sconvolte”. E a lei stessa, il profeta sembra ripetere con ciascuno di noi: “Con che cosa […] potrò consolarti, vergine figlia di Sion? Poiché è grande come il mare il tuo dolore”.
La nostra gente ha sempre avuto una particolare predilezione per la Madonna Addolorata, vedendo in quella spada che trafigge la sua anima, la stessa sofferenza che accompagna il nostro percorso della vita.
Mi è sembrato opportuno in questa nostra preghiera mensile, dove invochiamo il Signore per la glorificazione del nostro amato Francesco di Borbone, collegare il ricordo della quaresima e del dolore di Gesù e Maria, proprio alla figura straordinaria e tenera del nostro buon re.
Tempo fa ho scritto un articolo dove riflettevo la condizione quaresimale di questo re, “uomo dei dolori, che conosce il soffrire”.
Ecco perché ho voluto in questa preghiera del tempo quaresimale additarlo come modello, che in maniera straordinaria si ricollega all’immagine del Cristo Crocifisso e di Santa Maria sotto la Croce.
Come Gesù Crocifisso, abbandonato e tradito dai suoi, condannato e caricato della Croce, e che sul Calvario aprendo le sue braccia al mondo, salva tutta l’umanità, anche il nostro santo re, povera vittima innocente di un mondo che cambiava, ha subito la prova dei tradimenti, dell’abbandono, dell’amaro esilio, della sofferenza. Come Maria desolata sotto la Croce, anche lui ha dovuto provare l’amarezza delle tenebre, e in quell’oscurità che avvolgeva la sua storia, chissà quante volte ha gridato nel suo intimo a quel Dio nel quale aveva posto ogni sua attesa.
Anche lui si sarà sentito abbandonato, e quel grido ha squarciato il silenzio e le ombre che avvolgevano la sua esistenza.
Provato nella carne, nello spirito, nel più profondo dell’animo, chissà quante volte si è soffermato a leggere quella lamentazione di Geremia, e ha sentito tutta l’amarezza della croce. Lui, anima innocente e sincera, uomo di pace e di grande carità, ha dovuto sentirsi circondato da cani feroci e belve fameliche, che non hanno avuto pietà nel divorare i suoi averi, nello strappargli le vesti, e insieme anche il suo onore e la sua dignità. Contro di lui hanno costruito falsità e calunnie.
Ma come Gesù e Maria, egli è rimasto ritto sotto il peso di quella Croce, senza paura e senza rimpianti. È proprio nell’ora della croce che si misura la grandezza e il coraggio dell’uomo. In quell’ora Re Francesco II di Borbone non fuggì dinanzi alle sue responsabilità, ma seppe fidarsi di Dio, che nella prova non abbandona chi gli resta fedele. E seppe donarsi per la sua gente, consapevole che per essi doveva dare il sangue e la vita, fino all’ultima sua ricchezza, fino all’ultimo suo respiro.
Ha fatto sue le parole dell’apostolo: “se Dio è con noi, chi mai sarà contro di noi?”. E non ha avuto paura di guardare avanti, di vincere le tenebre, di saper perdonare, continuare ad amare.
Ha amato la sua famiglia, ha amato la sua gente, ha amato anche i suoi nemici, per sempre, e chissà quante volte, inginocchiato dinanzi alla Vergine Maria, ha continuato a credere, a sperare, a pregare, ad amare. Quel suo sguardo profetico, che esprimeva la grandezza e l’innocenza del suo cuore, certamente guardava i mali che il suo popolo avrebbe dovuto soffrire, i mali del suo tempo, ma anche i mali futuri. Pensava ai paesi conquistati e distrutti, pensava al suo popolo maltrattato e pressato dalle tasse, alla gente uccisa, alle ragazze stuprate, ai giovani frustrati e delusi, ai bambini in pericolo. Pensava al futuro di quel popolo, senza ricchezze, senza lavoro, senza speranza. Forse pensava anche alla “terra dei fuochi”, alla violenza che continua ad albergare nelle nostre strade, ai nostri bambini ammalati, alle nostre famiglie amareggiate.
In fin dei conti lui stesso aveva lasciato detto alla sua gente: “non vi lasceranno neppure gli occhi per piangere”. I santi sanno guardare lontano.
Ma il suo guardare lontano sapeva andare anche oltre le tenebre e il buio. Lui è stato l’uomo della carità, dell’amore, della speranza, dimostrato in tante e diverse occasioni della sua esistenza. Come Maria, oltre la croce, ha saputo credere in quel Dio che vince il male e la morte.
Ha saputo vincere il male e l’odio, con una vita vissuta nella semplicità e nell’umiltà; l’animo di Francesco II era colmo di “grande pietà e compassione”. Non poteva non essere così, perché lui che aveva conosciuto la sofferenza, disprezzato e reietto dai grandi del mondo, mortificato, calunniato ed umiliato dal potere dei vincitori, ha saputo sempre rispondere al male con il bene, alle amarezze con il perdono, all’odio con l’amore, fidandosi di quella sola giustizia, quella divina, che “abbatte i superbi e innalza gli umili”, quella giustizia che fa terminare ogni iniquità e ingiustizia, e che fa della Verità e della Carità, la sola via alla liberazione e alla salvezza dell’uomo.